Ab ovo ad Beatles

Humpty Dumpty sat on a wall / Humpty Dumpty had a great fall / All the king’s horses and all the king’s men / Couldn’t put Humpty together again.

“Humpty Dumpty sul muro sedeva / Humpty Dumpty dal muro cadeva / Tutti i cavalli e i soldati del Re / Non riusciranno a rimetterlo in pié.”

Forse non tutti i bambini italiani conoscono lo strano personaggio di nome Humpty Dumpty, ma di certo non c’è bambino inglese che ignori la filastrocca che lo vede protagonista. Le sue origini sono oscure, secondi alcuni studiosi risalgono addirittura al Medioevo, e inizialmente si trattava di un indovinello piuttosto che di una filastrocca. In pratica, basandosi sui versi citati all’inizio dell’articolo, bisognava capire “che cosa” fosse Humpty Dumpty, un essere che, una volta caduto a terra, risultava impossibile rimettere insieme, anche con l’intervento di tutti i cavalli e i soldati del Re (la traduzione, per esigenze metriche, dice rimettere in pié ma effettivamente “put together again” significa proprio rimettere insieme). Tra l’altro, “hump” significa gobba e “dumpty” tarchiato. La risposta era dunque “Un uovo” (che ha una forma rotonda e tozza, e che una volta rotto è irrimediabilmente irrecuperabile), ed è con le fattezze di un uovo antropomorfo che da sempre viene raffigurato.

Quest’illustrazione è opera di John Tenniel (1820-1914), e compare nella prima edizione di “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” scritto da Lewis Carroll nel 1871 (Through the Looking-Glass, and What Alice Found There). Nel seguito di “Alice nel paese delle meraviglie” (Alice’s Adventures in Wonderland) del 1865, la piccola protagonista incontra infatti, tra i tanti personaggi bizzarri che popolano il mondo oltre lo specchio, proprio il nostro Humpty Dumpty. Ma di questo parlerò in seguito. Ora continuiamo con le illustrazioni.

Qui Humpty Dumpty viene raffigurato proprio nel momento in cui Alice fa la sua conoscenza. L’immagine è un disegno di Peter Newell (1862-1924). I lineamenti della faccia e la forma delle mani richiamano alla mente i tratti di un rettile. Tra le altre opere illustrate da Newell ci sono Il Libro Sbilenco ( https://amzn.to/4bO1rum ) e La Caccia allo Squarlo ( https://amzn.to/3OOxCjJ ).

Questa illustrazione di Leonard Leslie Brooke (1862-1940) lo mostra invece nel momento della caduta (le cui conseguenze, lo sappiamo bene, saranno disastrose). Tra i libri da lui illustrati possiamo contare Nel Giardino del Corvo Tobia ( https://amzn.to/48sqjFo ), La Storia dei Tre Porcellini ( https://amzn.to/49mlHC0 ) e The Golden Goose ( https://amzn.to/42MBxmG ).

Qui Humpty Dumpty appare come un elegante gentiluomo britannico intento a leggere. L’autore di questa immagine è l’americano Milo Winter (1888-1956), illustratore di un gran numero di libri per ragazzi, ad esempio The Aesop for Children ( https://amzn.to/49p2OhN ), A Christmas Carol ( https://amzn.to/3UPxO5T ), Twenty Thousand Leagues Under the Sea ( https://amzn.to/49DOUIR ), The Trail Book ( https://amzn.to/4bPNGf1 ), Hans Andersen’s Fairy Tales ( https://amzn.to/3Tbl48M ).

Quest’ultima immagine è dell’inglese Mervin Peake (1911-1968), che oltre a pittore e illustratore è anche scrittore; la sua opera più famosa è la Trilogia di Gormenghast ( https://amzn.to/3SODqej )

Un aspetto curioso del personaggio di Humpty Dumpty è che non esiste alcuna prova che si tratti di un uovo, nonostante gli indizi ci spingano in quella direzione. La filastrocca non esplica mai chiaramente la sua natura, ma è universalmente “accettata” questa interpretazione. Tuttavia, come accade sempre quando qualcosa conserva un minimo di ambiguità, c’è chi ha ipotizzato che la soluzione dell’indovinello sia un’altra. Secondo alcuni, Humpty Dumpty sarebbe nientemeno che il re Riccardo III d’Inghilterra (1452-1485), ultimo rappresentante della dinastia degli York la cui morte per mano del futuro Enrico VII durante la Guerra delle Due Rose segnò il passaggio alla monarchia dei Tudor. Nel dramma storico a lui dedicato da William Shakespeare tra il 1591 e il 1952, il protagonista parla di se stesso con queste parole: (…) io non ho grazia fisica (…) io che sono di rozzo conio (…) io che sono privo di questa bella simmetria, frodato nel volto dalla natura simulatrice, deforme, imperfetto, spinto prima del tempo in questo mondo che respira, appena formato a metà e così storpio e fuori d’ogni sembianza comune che i cani mi abbaiano contro, quando passo zoppicando vicino a loro (…)non ho altro piacere per passare le ore che seguire la mia ombra al sole e meditare sulla mia deformità” (traduzione di Salvatore Quasimodo).

https://amzn.to/3T8zpCP

Già nell’Enrico VI (parte terza), scritto intorno al 1588, erano presenti richiami alla deformità di Riccardo III. Dice la regina Margherita nel secondo atto, rivolgendosi a lui: “(…) Tu assomigli ad un orrendo mostriciattolo deforme, segnato dal destino per esser da tutti evitato, alla stessa guisa de’ rospi velenosi o delle orribili punture dei ramarri”. E nel terzo atto è ancora Riccardo III a dire di sé: “(…) la persuase [la natura, n. d. a.] ad atrofizzar il mio braccio coem un ramo disseccato; ad accumular sul mio dorso un’odiosa montagna, ove s’asside la deformità ad irrider il mio corpo; a foggiar l’una e l’altra mia gamba in disugual misura; a sproporzionarmi in ogni mia parte, a far di me una sorta d’ammasso caotico, un orsacchiotto male rifinito, che nulla più in sé reca delle sembianze materne” (traduzione di Maria Antonietta Andreoni D’Ovidio).

Sebbene l’opera di Shakespeare non sia un resoconto fedele della vita di Riccardo III e quindi non una fonte storica attendibile, non esistono dubbi sulla deformità fisica del sovrano (una scoliosi della colonna vertebrale è stata riscontrata in uno scheletro che, dopo numerosi studi, è risultato oltre ogni ragionevole dubbio essere il suo), così troverebbe senso il nomignolo “Humpty Dumpty”. Quanto alla caduta e all’impossibilità di essere “rimesso insieme”, Riccardo III cadde effettivamente da cavallo (chiamato Wall (Muro)? Questa ipotesi è molto improbabile), e si narra che il colpo di un alabardiere gli spinse l’elmo dentro il cranio; questo è un dettaglio non confermato, anche se l’analisi dei suoi resti riporta la presenza di ben otto ferite alla testa. Ad ogni modo non si può negare che fu impossibile rimetterlo insieme.

Secondo altre fonti, “Humpty Dumpty” è il soprannome dato a un cannone che venne usato durante la Guerra Civile Inglese del 1642-1649: questo conflitto vedeva contrapposti i Realisti, che sostenevano re Carlo I e lottavano per l’abolizione del Parlamento, e i Parlamentari, che al contrario intendevano spodestare il monarca. Nel 1648 la città di Colchester si trovava sotto il controllo dei Realisti, e per fortificarla questi ultimi posizionarono grandi cannoni sulle mura che la circondavano. Pare quindi che un cannone soprannominato “Humpty Dumpty” venisse collocato sulle mura il 15 giugno del 1648; la città era a quel punto cinta d’assedio dai Parlamentari, e fu proprio per evitare un loro eventuale assalto su larga scala che “Humpty Dumpty” si mise al lavoro. Sempre secondo queste fonti tuttavia il 14 (o il 15) luglio una palla di cannone sparata dai Parlamentari demolì il muro che sosteneva “Humpty Dumpty”, il quale si schiantò a terra, e a causa della sua mole non poté essere “rimesso insieme” nemmeno con l’ausilio di tutti i cavalli e i soldati del re. Il 28 agosto la città fu conquistata dai Parlamentari, che nell’anno successivo decapitarono il re, ponendo fine alla guerra. Anche in questo caso “Humpty Dumpty” pare essere tutto meno che un uovo, ma anche questa interpretazione non ha prove certe su cui basarsi. Per approfondire, ecco due saggi illuminanti:

https://amzn.to/42OhlRo

https://amzn.to/3UTqBBU

Come già detto, non esistono prove che avvalorino o che smentiscano queste interpretazioni, per cui si è liberi di pensarla come si vuole. Quel che è certo è che, uovo o non uovo, Humpty Dumpty col tempo è diventato un simbolo di fragilità, e in alcuni casi addirittura di hybris. Per quanto riguarda la fragilità, non si può non ricordare il romanzo “Incompreso” (Misunderstood) che Florence Montgomery scrisse nel 1869, e che contiene più di un’allusione alla celebre filastrocca. I piccoli protagonisti sono due fratellini orfani di madre, Miles e Humphrey (già in questo nome c’è un richiamo a Humpty Dumpty, come se si trattasse di predestinazione), affezionatissimi l’uno all’altro ma profondamente diversi tra loro per indole e stato di salute: Miles ha una predisposizione alle malattie polmonari, perciò è timoroso, prudente; Humphrey, che al contrario è sempre sano come un pesce, è un bambino esuberante, incontenibile, addirittura sfacciato. Nelle sue avventure si caccia spesso nei guai, e se lui se la cava il più delle volte con una semplice sbucciatura di ginocchio o inezie simili, Miles (che in qualche modo è sempre coinvolto nelle scorribande del fratello maggiore) finisce ogni volta per ammalarsi seriamente. Dietro la vivacità di Humphrey si nascondono però sensibilità e sofferenze profonde: l’adorata madre gli manca tantissimo, e nella sua irrequieta esuberanza si cela un larvato istinto di auto-distruzione; è come una continua sfida alla morte. Un giorno, questo suo impulso lo spinge a un gioco estremamente pericoloso e dall’esito fatale: cadendo da un ramo Humphrey si procura ferite mortali, e durante la sua dolorosa agonia confida al padre di essere felice al pensiero di poter raggiungere la madre in Paradiso. La filastrocca di Humpty Dumpty viene citata in due occasioni: la prima volta i due bambini la cantano insieme in un pomeriggio di sole, giocando spensierati, la seconda volta è Miles a recitarla, dietro richiesta del padre; ovviamente Humpty Dumpty è Humphrey, che dopo la caduta non potrà mai più essere “rimesso insieme”. In questo contesto, sono la delicatezza e la vulnerabilità del piccolo protagonista ad essere messe in risalto nel parallelo che si crea tra la vicenda del bimbo e quella dell’uovo. Qui la celebre nursery rhyme diventa quindi un compendio della caducità umana.

https://amzn.to/49MEXZ3

E’ solo nel 1871, con Through the Looking-Glass and What Alice Found There (“Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”), che Humpty Dumpty acquista una propria personalità. Siamo nel secondo libro che Carroll dedica alla piccola Alice, dove la protagonista incontra diversi personaggi di filastrocche e indovinelli, ad esempio Tweedledum e Tweedledee, il Leone e l’Unicorno, e, appunto, Humpty Dumpty. Un intero capitolo è dedicato all’incontro tra i due, e il loro dialogo è uno dei più interessanti e curiosi per gli studiosi di semantica e di linguistica. Qui Humpty Dumpty è chiaramente un uovo antropomorfo: “‘Più mi avvicino, e più sembra che l’uovo si allontani'” dice Alice nel capitolo precedente (il quinto); è narrato poi, nel sesto capitolo, “(…) l’uovo non fece che diventare sempre più grosso e assumere un aspetto sempre più umano: era ormai giunta a pochi metri di distanza, quando Alice si accorse che aveva occhi, naso e bocca” (la traduzione è di Milli Graffi). Il carattere di Humpty Dumpty si rivela fin da subito arrogante e indisponente: offeso per essere stato paragonato a un uovo, replica: “‘(…) il mio nome significa la forma che ho – una gran bella forma, tra l’altro'”. Emerge qui il fortissimo legame tra il personaggio e le teorie linguistiche che esporrà in seguito; inoltre esso stesso allude alla filastrocca che lo vede protagonista, con una sorta di tragica ironia (percepibile da chiunque conosca il destino che lo attende): “‘(…) Ah, se dovesse mai capitarmi di cadere – il che è assolutamente improbabile – ma se dovesse capitarmi (…) Se mi capitasse di cadere (…) il Re mi ha promesso – ah, puoi impallidire finché ti pare! Non te l’aspettavi, eh? Il Re mi ha promesso – lui in persona – di – di – ‘”, quando Alice lo interrompe, provocando in lui un nuovo scoppio di collera. Questo è Humpty Dumpty prima della caduta: “‘(…) un altro come me magari non l’incontri più; e per dimostrarti che non pecco d’orgoglio, ti concedo di stringermi la mano!'”, dice, palesando la sua superbia proprio mentre la nega verbalmente; l’accostamento con Lucifero, l’angelo caduto a causa della sua superbia è inevitabile. In Through the Looking-Glass ad ogni modo non assistiamo alla sua rovina, ma all’esposizione della sua personale teoria sul linguaggio: “‘Quando io uso una parola’ disse Humpty Dumpty con un certo sdegno, ‘quella significa ciò che io voglio che significhi – né più né meno’. ‘La questione è’ disse Alice, ‘se lei può costringere le parole a significare così tante cose diverse’. ‘La questione è’ replicò Humpty Dumpty, ‘chi è che comanda – ecco tutto’.” Il significato, secondo questa teoria, è in mano a chi detiene il potere. Ma è ovvio che, se fosse così, non ci si potrebbe capire l’un l’altro. Scrive il filosofo e logico austriaco Ludwig Wittgenstein nelle sue Ricerche Filosofiche che il linguaggio non può essere “privato”, bensì “pubblico”, ovvero basato su regole condivise dalla pluralità degli individui che compongono una società.

https://amzn.to/3IeJzLR

Dobbiamo però ricordare che ci troviamo, con Alice, nell’universo che sta al di là dello specchio, dove quindi i valori vengono capovolti (abbiamo già visto come qui i nomi propri debbano avere un significato, mentre quelli comuni possano assumerne un’infinità – a seconda di chi comanda!). Per quanto appaiano affascinanti e stimolanti (“‘So spiegare tutte le poesie che siano mai state inventate – e anche parecchie di quelle che non sono ancora state inventate'”), le teorie linguistiche di Humpty Dumpty funzionano soltanto nel suo mondo all’incontrario; non è un caso che lui e Alice fatichino a comunicare. Questa anarchia del linguaggio diventerà tuttavia una delle basi delle avanguardie novecentesche, e James Joyce trarrà ispirazione proprio da Carroll e dallo stesso Humpty Dumpty per il suo Finnegans Wake. Anche se, è inutile specificarlo, tali teorie sono inapplicabili nel mondo reale, a causa della loro arbitrarietà e della loro fragilità: una fragilità simile a quella del guscio di un uovo.

https://amzn.to/4a7759F

Fragilità, ho detto. Già, perché l’uovo è simbolo di fragilità. Ma non solo. E’ simbolo anche di fertilità, di purezza e di perfezione. Il mito orfico della creazione vede la Nera Notte Alata che, fecondata dal Vento, depone un uovo d’argento nell’Oscurità, da cui esce Fanete, detto anche Protogono, ossia “il primo nato” (secondo alcune varianti del mito sono Ananke – la Necessità e Crono – il Tempo a concepirlo). L’idea della nascita del mondo da un uovo primordiale è presente anche negli antichi miti polinesiani, giapponesi, indiani, cinesi e slavi, poiché secondo queste culture esso, nella perfezione della sua forma, rappresenta il tutto, principio primo e unico, da cui si origina la vita. E’ probabile che la sua somiglianza con i testicoli abbia contribuito al suo legame simbolico con la fertilità, ma l’uovo è anche messo spesso in relazione con la resurrezione (Cristo risorge dal sepolcro come il pulcino esce dall’uovo, da qui l’usanza ancora presente ai giorni nostri delle uova di Pasqua). Per quanto concerne l’alchimia, l'”uovo filosofale” è la materia primigenia che porta in sé il futuro della maturazione: guscio, albume e tuorlo corrispondono a sale, mercurio e zolfo, che combinati insieme darebbero alla luce la pietra filosofale. Esistono ancora credenze popolari che utilizzano le uova come strumenti di divinazione, e che considerano un segno di buon auspicio rompere un guscio senza rompere il tuorlo. Insomma, in relazione a queste considerazioni, Humpty Dumpty acquista nuovi significati, e la sua caduta assurge a simbolo di catastrofe non più solo individuale ma universale.

https://amzn.to/49Pe7j3

Ma torniamo a James Joyce e al suo Finnegans Wake citati in uno dei paragrafi precedenti. “‘Impenetrabilità!‘”, è la parola d’ordine di Humpty Dumpty in Through the Looking-Glass, e non esiste termine più adatto per definire l’ultima opera di Joyce, Finnegans Wake appunto. La gestazione del più “intraducibile” romanzo nella storia della letteratura va dal 1923 al 1938, e per quanto riguarda il titolo Joyce prende spunto da una ballata popolare della sua terra, Finnegan’s Wake; curiosamente, il protagonista della ballata muore cadendo da un scala, mentre trasporta dei mattoni destinati a costruire un muro: durante la veglia funebre, però, nasce tra la vedova e gli amici del defunto una violenta discussione, che finisce per risvegliare il morto. La vicenda assume così un valore altamente allegorico, con l’Uomo che si alza (nascita), sale la scala (crescita), cade (morte) e si risveglia (resurrezione). Il legame con Humpty Dumpty risulta quindi duplice: da un lato abbiamo entrambi i personaggi (Finnegan e Humpty Dumpty) che cadono per colpa di un muro, dall’altro abbiamo un parallelo tra il ciclo di nascita – morte – rinascita e la figura dell’uovo, simbolo (come abbiamo visto), per i cristiani, della resurrezione di Gesù. Il romanzo di Joyce, o meglio, il suo protagonista, si ricollega al racconto di Carroll anche attraverso un altro particolare: Finnegan viene descritto come un uomo con folti baffi da tricheco, e il Tricheco è, insieme al Falegname, il personaggio principale di una filastrocca narrata in Through the Looking-Glass. Ma in tutto il romanzo delirante e polisemantico di Joyce ci sono accenni a Carroll, con i suoi nonsense, le sue allitterazioni, i suoi neologismi, le sue portmanteau-words, ovvero parole-baule, termini composti che contengono molteplici significati. “Googoo goosth“, si legge a un certo punto in Finnegans Wake. Perché ho voluto riportare proprio questa espressione? Facciamo un salto temporale di una trentina d’anni e immergiamoci nelle atmosfere psichedeliche dei favolosi anni Sessanta!

https://amzn.to/4bXnwXx

https://amzn.to/3wG5EAd

https://amzn.to/4bXGzRN

https://amzn.to/3wuR1zP

https://amzn.to/3SU77KN

https://amzn.to/3uZYlmx

Nel novembre del 1967 esce una delle canzoni più visionarie e geniali dei Beatles, per scrivere la quale John Lennon attinge a piene mani da Through the Looking-Glass. Il suo testo è così enigmatico da spingere gli studiosi a una frenetica caccia a tutti i possibili e immaginabili significati nascosti; il suo titolo? I am the Walrus (“Io sono il Tricheco”_ Ricordate i baffoni da tricheco di Finnegan?). Sostengono alcuni che presso le popolazioni eschimesi il tricheco sia un simbolo di morte (e, se così fosse, questo aggiungerebbe credito alla leggenda metropolitana secondo cui nel 1966 Paul McCartney sarebbe morto e sostituito da un sosia _ vd. mio articolo “Nessuno fu salvato”), ma c’è una interpretazione alternativa che poggia su basi più solide: nel 2006 viene messo all’asta un quaderno appartenuto a John Lennon all’età di dodici anni, dove appare una sua illustrazione della già citata filastrocca The Walrus and the Carpenter (“Il Tricheco e il Falegname”), composta proprio da Carroll e presente in Through the Looking-Glass. Ma le suggestioni Carrolliane non si fermano qui. Leggiamo il ritornello della canzone:

I am the eggman
They are the eggmen

I am the walrus
Goo goo ga’joob

(Traduzione: “Io sono l’uomo-uovo/ Loro sono gli uomini-uova/ Io sono il tricheco/ Goo goo ga’joob”)

Chi è l’uomo-uovo, se non il nostro Humpty Dumpty? Anche in questo caso c’è chi propone un’altra interpretazione, addirittura identificandosi con l’eggman: si tratta di Eric Burdon, leader del gruppo musicale The Animals_ “L’Eggman ero io: alcuni dei miei amici mi chiamano ‘Eggs’. Il soprannome mi è rimasto appiccicato in seguito a un’esperienza vissuta con una ragazza giamaicana (…) Raccontai l’episodio a John una sera, durante un party a Mayfair con un gruppetto di bionde e una ragazza asiatica. ‘Dai, scegline una, Eggman!’, ridacchiò John dietro i suoi occhialetti tondi (…)” Ma, per quanto possa essere autentica, questa coincidenza non spiega gli altri numerosi accenni al mondo di Carroll: nella filastrocca The Walrus and the Carpenter, c’è un verso in cui il Tricheco si chiede whether pigs have wings (“se i maiali abbiano le ali”), così come nella canzone dei Beatles compare la frase See how they run like pigs from a gun
See how they fly
(“Guarda come corrono come maiali da una pistola guarda come volano”). Inoltre è noto l’amore di Lennon per l’autore di Alice’s Adventures in Wonderland e Through the Looking-Glass and What Alice Found There: entrambi fanno largamente uso di un linguaggio onirico, surreale, basato su giochi di parole e associazioni di pensieri. Ce n’è abbastanza per ritenersi certi che l’Eggman sia proprio Humpty Dumpty. E quel Goo goo ga’joob, così simile al googoo goosth di Joyce? Ebbene, anche a questo enigma è stata trovata una soluzione: “Goo goo ga’joob” sarebbe nientemeno che il grido lanciato da Humpty Dumpty nel momento della caduta. Come si sia arrivati a questa conclusione rimane un mistero, ma grazie a Carroll abbiamo imparato che il linguaggio può essere anche un gioco, e che oltre al nostro limitato universo se ne nascondono infiniti altri al di là dello specchio.

https://amzn.to/48yV77u

https://amzn.to/42VxuVt

Lascia un commento