Parole e silenzi: “Blackbird”

(…) Parole vane al vento / Ti accorgi in un momento/ Siamo soli è questa la realtà (…) _ Francesco Renga, “Angelo” https://amzn.to/3Itfg3X

Parole che uniscono e parole che dividono, parole che avvicinano e parole che allontanano. Taciute, pronunciate, udite oppure no. Parole scritte in attesa di una risposta che non arriva. Silenzio. Eccolo, il nodo. Quante e quali realtà possono nascondersi in un silenzio? Non è piacevole ricevere una replica negativa quando, attraverso le parole, cerchiamo un contatto, facciamo una domanda o ci confidiamo; ma è mille volte peggio non ottenere alcuna risposta. Non c’è frustrazione più grande. Il silenzio sgomenta, atterrisce, raggela, spaventa; ci rende impotenti. Perché non possediamo il potere di comprenderlo. Avvertiamo l’esistenza di un vuoto che paradossalmente può contenere qualsiasi cosa. Quando la comunicazione è unidirezionale, il conflitto non è risolvibile. Davanti a una risposta negativa possiamo ribellarci, controbattere, oppure cedere e accettarla, ma nulla ci disarma come il silenzio.

E’ questo il groviglio attorno a cui si abbarbica il dramma di “Blackbird”, che è un moderno bildungsroman sotto forma di romanzo epistolare sui generis. Nei romanzi epistolari, infatti, anche se quelle che leggiamo sono le lettere di un solo personaggio, esiste comunque un interlocutore che, si presume, condivide lo scambio di missive; prendiamo ad esempio “I dolori del giovane Werther” di Goethe: il protagonista, Werther, scrive all’amico Guglielmo, e, benché le lettere di quest’ultimo siano assenti, sappiamo che tra i due esiste un’effettiva corrispondenza (ne sono prova frasi come le seguenti: ‘Tu mi chiedi se mi devi mandare i miei libri. Caro, per amor di Dio te ne prego, lasciali dove sono‘ oppure ‘tu, penso che come al solito mi giudicherai esagerato‘_ Traduzione di Giuseppe Antonio Borgese). Nel caso di “Blackbird”, invece, abbiamo un protagonista, Malcolm, che scrive lettere a un destinatario che non risponde mai, l’enigmatico Keith, ed è proprio questo silenzio a costituire il maggior ostacolo contro cui Malcolm combatte, nonché un mistero da svelare, sia per lui che per il lettore. Amici fin dall’infanzia, Malcolm e Keith sono stati costretti a separarsi all’età di diciassette anni, quando il secondo (descritto dal protagonista come bello e seducente) ha scatenato un vespaio nel loro piccolo e bigotto villaggio di provincia ingravidando una donna già sposata e più grande di lui; è per sfuggire all’ostilità dei compaesani che il giovane si è dovuto trasferire altrove, e il distacco ha aperto una ferita nell’animo dell’amico, che da quel momento è rimasto a tormentarsi in una sofferta solitudine. Un’insopprimibile necessità di confidare a qualcuno il suo mal di vivere spinge quindi Malcolm a cercare, attraverso una corrispondenza epistolare, il recupero di quella preziosa compagnia ormai perduta. ma ogni sua lettera rimane senza risposta. Si mette così in moto un circolo vizioso, con il protagonista che cerca sollievo nella scrittura e viene immancabilmente deluso dal silenzio dell’amico, il che fa sì che la sua frustrazione aumenti ogni volta di più. Perché la non-risposta è avvilente, prostrante, logorante; fa morire pian piano la speranza, l’entusiasmo, e allo stesso tempo diventa un pretesto per scrivere ancora, per chiedere il motivo di quel silenzio. E’ una discesa verso l’annichilimento, tanto che a un certo punto Malcolm smette di fare domande. Ma l’ossessione mette presto radici nel suo cervello, e sebbene sappia che non riceverà risposta continua a scrivere. Se inizialmente Keith era per lui un eroe ribelle da ammirare, col tempo la sua nostalgia per le avventure passate cede sempre più il passo a considerazioni esistenziali e ad ampie divagazioni, fino a ridursi a un lunghissimo monologo in cui Malcolm racconta le tappe della sua personale presa di coscienza. Dove sembra che nulla abbia più senso, un senso deve esserci, e, se apparentemente Keith ha chiuso la porta che conduce fino a lui, da qualche parte ci sarà pure una chiave. Ad accompagnare Malcolm nel suo cammino ci sono vari personaggi; il traguardo finale è una crescita, e con essa la fine delle illusioni giovanili. Con “Blackbird” si ride e si piange, e quando sembra che l’età della spensieratezza sia terminata, ci si accorge che in realtà la vita continua, e che un nuovo inizio è sempre possibile.

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BIBLIOGRAFIA

_ Johann Wolfgang Goethe, “I dolori del giovane Werther”, Oscar Classici Mondadori https://amzn.to/48C6LON

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