“Chi non rammenta le tentazioni della dama di picche?”_ Il matto

Comincia oggi un lungo viaggio attraverso la scoperta di uno dei più celebri strumenti di divinazione, ovvero i Tarocchi. Un avvertimento è però necessario: noi non pretenderemo di imparare a interpretarli e a trarne predizioni sul futuro, bensì di analizzare uno per uno i ventidue Arcani Maggiori per studiarne le origini, i significati essenziali, le parole chiave e i valori simbolici. Per chi fosse invece interessato a conoscere il loro potere profetico, ci sarà alla fine dell’articolo un elenco di testi finalizzati all’insegnamento di questa pratica.

Dobbiamo innanzitutto sapere che i Tarocchi sono settantotto, e che si suddividono in Arcani Maggiori e Arcani Minori: i primi sono le ventidue figure allegoriche che vengono solitamente interpretate dalle cartomanti per predire il futuro di chi richiede una consulenza, i secondi corrispondono invece alle normali carte da gioco che si usano, ad esempio, per la briscola, contrassegnate dai semi di Bastoni, Denari, Coppe e Spade (l’unica differenza è che, invece di essere dieci, sono quattordici, vanno cioè dall’Asso al Dieci a cui si aggiungono Fante, Cavallo, Regina e Re). Esistono comunque cartomanti estremamente esperte che si servono per fini divinatori di tutte le settantotto carte, poiché ognuna di esse possiede il proprio significato. Trovandoci noi proprio all’inizio del nostro viaggio, non possiamo che partire dal primo degli Arcani Maggiori, che può tuttavia essere contemporaneamente l’ultimo: punto di partenza così come punto d’arrivo, stiamo parlando del Matto, l’Arcano Senza Numero (oppure abbinato al numero/non numero 0). Cominciamo col dire che ognuno degli Arcani Maggiori, oltre al Nome e al Numero, possiede anche quelli che vengono chiamati Significati Essenziali (che sono sempre due e che in genere possono essere considerate le due facce della medaglia, ovvero il significato positivo e quello negativo della carta) e le Parole Chiave. Poiché stiamo ora prendendo in esame il Matto, vediamo come i suoi Significati Essenziali siano Innocenza/Follia, e le Parole Chiave Libertà, Stranezza, Azione Incomprensibile, Spensieratezza, Originalità e Creatività. Passiamo adesso all’analisi dell’immagine vera e propria.  

Mettiamo a confronto cinque diverse versioni di questa figura, tratte da altrettanti mazzi, e noteremo come in ognuna di esse compaiano alcuni elementi ricorrenti.

Come possiamo notare, il protagonista di questa carta è sempre caratterizzato da un abbigliamento bizzarro, a volte tipico del mendicante, altre del giullare; in entrambi i casi è un individuo che oggi chiameremmo outsider, uno che, per scelta o perché spinto dalla necessità, vive ai margini della società. Dobbiamo ricordare che, soprattutto nel Medioevo, esistevano delle regole ben precise relative al vestiario che avevano come scopo quello di distinguere le persone “morali” da quelle “immorali”, e chi esercitava la professione del giullare era relegato, insieme alle prostitute e ai lebbrosi, nella seconda categoria.  Scrive il filologo francese Edmond Faral nel suo Les jongleurs en France au Moyen Age (in italiano “I giullari in Francia nel Medio Evo”, traduzione in L. Allegri ‘Teatro e spettacolo nel Medioevo’, Laterza, Roma-Bari 1988): ‘Un giullare è un essere multiplo; è un musico, un poeta, un attore, un saltimbanco; è una sorta di addetto ai piaceri alla corte del re e principi; è un vagabondo che vaga per le strade e dà spettacolo nei villaggi; è il suonatore di ghironda che, a ogni tappa, canta le canzoni di gesta alle persone; è il ciarlatano che diverte la folla agli incroci delle strade; è l’autore e l’attore degli spettacoli che si danno i giorni di festa all’uscita dalla chiesa; è il conduttore delle danze che fa ballare la gioventù; è il cantimpanca [cantastorie]; è il suonatore di tromba che scandisce la marcia delle processioni; è l’affabulatore, il cantore che rallegra festini, nozze, veglie; è il cavallerizzo che volteggia sui cavalli; l’acrobata che danza sulle mani, che fa giochi coi coltelli, che attraversa i cerchi di corsa, che mangia il fuoco, che fa il contorsionista; il saltimbanco sbruffone e imitatore; il buffone che fa lo scemo e che dice scempiaggini; il giullare è tutto ciò ed altro ancora.’ Anche Michel Foucault mette in relazione la figura del giullare con la follia; dice infatti l’autore del celebre saggio Histoire de la folie à l’âge classique (in italiano “Storia della follia nell’età classica”, traduzione di F. Ferrucci, E. Renzi e V. Vezzoli, Rizzoli, Milano 1963): ‘Il buffone è là per parlare, rappresenta l’istituzionalizzazione della parola folle’. Il protagonista dell’Arcano Maggiore contrassegnato dal numero 0, che sia un mendicante o un pazzo, è dunque fondamentalmente un emarginato.

Altri due elementi che ricorrono nelle varie rappresentazioni di questa figura sono il bastone e il fagotto (inteso come misero bagaglio fatto alla bell’e meglio) che porta con sé, e che rimandano entrambi all’idea del viaggio. Il Matto infatti è indubbiamente all’inizio di un lungo cammino (o al termine, se vogliamo vederlo come ultima carta nella sequenza degli Arcani Maggiori; lo zero, oltre a essere un non-numero, può in effetti alludere, con la sua circolarità, all’infinito, al tema dell’eterno ritorno, alla compenetrazione di principio e fine, come l’ouroboros, il serpente che si morde la coda). Che il viaggio sia appena iniziato o già terminato, ciò che rimane invariato sono l’innocenza del viaggiatore, la sua spontaneità, il distacco da ciò che può invece spaventare gli altri esseri umani. Il suo viaggio non ha altro scopo che non sia il viaggio stesso. Anche perché non dobbiamo prendere questa parola troppo alla lettera; il cammino del folle è il cammino attraverso la vita, e contemporaneamente un viaggio dentro di sé. Egli non è ancora nato, non ha pensieri o preoccupazioni, tutto per lui è nuovo; eppure è, paradossalmente, anche colui che, al termine della vita, dopo aver fatto tesoro di tutte le esperienze passate e aver acquisito la conoscenza di ogni cosa terrena, giunge alla saggezza, che tanto assomiglia alla primigenia innocenza. Non è un caso che l’altro elemento ricorrente di questa carta sia il cane (o il gatto) che lo aggredisce senza provocare in lui il minimo turbamento: se consideriamo il folle sul mattino dell’età, si può attribuire la sua imperturbabilità al morso dell’animale alla sua naturale curiosità per ciò che sta molto più in alto, e a cui aspira fiduciosamente (è talmente immerso nel suo viaggio che nemmeno si accorge del dolore); se invece preferiamo vedere in lui l’uomo che ha attraversato il mondo ed è riuscito a penetrare ogni segreto dell’esistenza, potremmo ipotizzare che siano state così numerose le esperienze vissute da considerare una trascurabile inezia un semplice morso.

Questo Arcano, sicuramente uno dei più affascinanti, rimane tuttavia anche uno dei più indecifrabili: essendo il suo protagonista, lo dice la parola stessa, un Matto, è difficile entrare il contatto col suo senso più profondo. Tra noi e lui esiste una distanza, più o meno breve, ma inevitabilmente caratterizzata dall’incomunicabilità. È la carta degli artisti, dei folli, degli spiriti veramente liberi. L’innocenza che lo contraddistingue l’abbiamo dimenticata, o non l’abbiamo ancora raggiunta. Come avveniva nel Medioevo per gli alienati mentali, da un lato ci attrae e dall’altro ci spaventa. Forse il motivo di questa incomprensione lo si può leggere in un grande classico sulla lettura dei Tarocchi: ‘È difficile comunicare con il Matto. Le cose che sono importanti per lui, sono spesso irrilevanti per gli altri, e viceversa. Porta con sé confusione, ma non perché egli sia confuso, ma perché incontrarlo rivela le piccole menzogne che usiamo per accettare le imperfezioni dell’esistenza.’

Letture consigliate

Morgana Cavalieri:   “Tarocchi”

Liz Dean:   “La Magia dei Tarocchi”

Alejandro Jodorowsky, Marianne Costa:   “La Via dei Tarocchi”

Oswald Wirth:   “I Tarocchi”

Dario Nencini:   “Lettura Intuitiva dei Tarocchi”

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