“Numeri d’oro stanno nei suoi occhi”

‘Se sei degno del suo amore, un gatto sarà tuo amico, ma mai il tuo schiavo.’ Thèophile Gautier
‘Credo che i gatti siano spiriti venuti sulla terra. Un gatto, ne sono convinto, può camminare su una nuvola.’ Jules Verne
‘Mi dà sempre un brivido quando osservo un gatto che sta osservando qualcosa che io non riesco a vedere.’ Eleanor Farjean
‘Con i gatti non si sa bene dove finisce il normale e dove inizia il paranormale.’ Fernand Mèry
‘Ai gatti riesce senza fatica ciò che resta negato all’uomo: attraversare la vita senza fare rumore.’ Ernest Hemingway
‘So tutto, la vita e il suo arcipelago, il mare e la città incalcolabile, la botanica, il gineceo coi suoi peccati, il per e il meno della matematica, gl’imbuti vulcanici del mondo, il guscio irreale del coccodrillo, la bontà ignorata del pompiere, l’atavismo azzurro del sacerdote, ma non riesco a decifrare il gatto. Sul suo distacco la ragione slitta, numeri d’oro stanno nei suoi occhi.’ Pablo Neruda
‘Vieni, mio bel gatto, sul mio cuore innamorato;/ Ritira le unghie nelle zampe,/ lasciami sprofondare nei tuoi begli occhi/ In cui l’agata si mescola al metallo./ Quando le mie dita carezzano a piacere/ La tua testa e il tuo dorso elastico/ E la mia mano s’inebria del piacere/ Di palpare il tuo corpo elettrizzato,/ Vedo nello spirito la mia donna. Il suo sguardo,/ Come il tuo, amabile bestia,/ Profondo e freddo, taglia e fende come un dardo/ E dai piedi alla testa/ Un’aria sottile, un temibile profumo/ Ondeggiano attorno al suo corpo bruno.’ Charles Baudelaire.

Fate piano: a pochi passi da noi una meravigliosa creatura giace addormentata, ed è sacro il suo riposo. Guardate come il suo respiro si accorda al respiro della terra, ascoltate il suo placido e ipnotico silenzio. Il gatto, uno degli animali più misteriosi e affascinanti del Creato, è da millenni legato al mondo sovrannaturale. In psicanalisi rappresenta il femminile, la notte, la magia. Basti pensare ai suoi occhi capaci di vedere nel buio grazie al tapetum lucidum, la sottile membrana situata dietro alla retina che, in assenza di luminosità, li rende quasi fosforescenti; o alle sue strane pupille, due sottilissime fessure verticali se esposte a una forte luce. Occhi che, secondo alcuni, scorgono gli spiriti dei defunti, occhi che ti leggono dentro, occhi a cui è impossibile mentire. Un’altra peculiarità che contribuisce alla sua fama di creatura dotata di poteri portentosi sono le sue fusa. Pare che il suono gutturale doppio e le vibrazioni emesse dal gatto abbiano effetti benefici sulla salute fisica e psichica di chi gli sta accanto: oltre a donare una sensazione di pace e rilassare i nervi, regolarizzano il battito cardiaco, il che comporta una riduzione del rischio di soffrire di serie patologie del cuore; anche la pressione sanguigna, grazie al contatto con un micio che fa le fusa, si mantiene entro i normali valori di riferimento (risultato dello studio Healing Power of Pets ​condotto dal veterinario Marty Becker). Non è tutto: in campo traumatologico vengono utilizzate le frequenze da 20 a 50 Hz e da 100 a 200 Hz (le stesse prodotte dal gatto) per far sì che le ossa fratturate si saldino più velocemente, e le medesime frequenze favorirebbero addirittura il processo di rimarginazione della pelle ferita. Discreto, elegante, sinuoso, il gatto cammina nella notte senza farsi udire, libero e indipendente, stimolando la fantasia di poeti e musicisti; difficile afferrarlo se non si vuol fare afferrare, e anche se cade da grandi altezze atterra infallibilmente sulle sue quattro zampe. Non c’è da stupirsi se in certe credenze popolari è ritenuto dotato di sette (o nove) vite…

Femminilità, notte, magia… Poteva forse una simile creatura scampare alla cieca barbarie dell’uomo cristiano medievale, per il quale le donne erano esseri moralmente deprecabili, se non vere e proprie agenti del diavolo, e tutto ciò che era legato alla natura, alla libertà, al fascino doveva necessariamente risultare inviso a Dio? Nel Medioevo il gatto era considerato un animale in odor di stregoneria, e spesso veniva torturato e gettato tra le fiamme dei roghi destinati alle presunte serve del male. Scrive Desmond John Morris, zoologo e teologo britannico, nel suo saggio Catwatching del 1986 (in italiano “Il gatto: tutti i perché”, Mondadori, Milano 1988): ‘I bigotti di ogni religione hanno spesso utilizzato l’astuto espediente di trasformare in cattivi gli eroi altrui per soddisfare i propri scopi. Così, ad esempio, l’antica divinità con le corna che proteggeva le antiche culture fu trasformata nel malvagio diavolo del Cristianesimo e il felino, sacro e venerato nell’antico Egitto, divenne il diabolico gatto stregone dell’Europa medievale. Spesso le nuove religioni condannarono automaticamente molte cose considerate sacre da precedenti fedi religiose. In questo modo iniziò il capitolo più oscuro del lungo rapporto tra il gatto e l’umanità. Per secoli fu perseguitato e le crudeltà che gli furono inflitte ebbero il pieno appoggio della Chiesa.’ L’apice della crudeltà fu raggiunto in Scozia, dove gli estremisti cattolici misero in atto una perversa forma di ailuromanzia (predizione del futuro attraverso l’osservazione del comportamento del gatto) chiamata taghairm: il gatto veniva messo, ancora vivo, ad arrostire su uno spiedo, affinché le sue urla strazianti facessero accorrere il diavolo in suo aiuto; costui avrebbe supplicato invano l’officiante di interrompere il rituale fino a che, in cambio della liberazione del povero animale, non avesse concesso all’uomo una profezia sul futuro. Nel 1233 fu la volta della famigerata bolla Vox in Rama emanata dal papa Gregorio IX, che denunciava i gatti (in particolare quelli neri) come esseri infernali, il che rafforzò nella mentalità del popolo la convinzione che fossero creature in combutta con Lucifero.

E pensare che nell’antico Egitto venivano venerati come divinità, e alla loro morte mummificati e offerti alla dea-gatta Bastet. Il religioso rispetto per questi animali era tale che, secondo un racconto dello storico greco Diodoro Siculo, un cittadino romano venne linciato da una folla di Egizi proprio poiché colpevole di aver causato involontariamente la morte di un gatto. Già durante la I dinastia (3150 a. C.-2925 a. C.) esisteva una dea dalle sembianze feline, Mafdet, che incarnava la giustizia e la pena di morte; ma ancora prima di lei, legate al culto del sole, incutevano terrore Sekhmet, la feroce dea della guerra e delle epidemie, raffigurata col volto o col corpo di leonessa e Bast (la futura Bastet), una figura analoga, anch’essa guerriera e spietata vendicatrice. Fu soltanto nel periodo della XXII dinastia (945 a. C.-715 a. C.) che Bast perse la sua aggressività e divenne Bastet, la dea-gatta protettiva e rassicurante, associata al culto della luna e simbolo di fertilità, maternità e vita domestica. Sono arrivate fino a noi rappresentazioni artistiche che la mostrano insieme a una cucciolata di gattini, proprio in relazione alla fecondità. Abbiamo anche immagini di gatti situati sotto le sedie delle donne, a richiamare il loro legame con la sessualità femminile. Non è un caso che nel corso dei secoli Bastet abbia subito questa metamorfosi; la ragione è da ricercarsi nella duplice natura del gatto. Esso è infatti un cacciatore, un predatore solitario, armato di canini aguzzi e di affilati artigli, che delle sue vittime non ha pietà; allo stesso tempo però è anche un animale affettuoso, amante dell’ambiente familiare, la cui calda morbidezza evoca atmosfere di pace e di serenità. La stessa ambiguità possiamo trovarla nelle posizioni che occupa nella mitologia greca: qui infatti convivono la gatta amica di Ares, dio della guerra e della lotta, e Ailuros, dea-gatta lunare affine ad Artemide (ricordiamo che i gatti arrivarono in Grecia perché vi furono portati illegalmente dall’Egitto). Nel territorio ellenico tuttavia l’animale in sé non fu mai oggetto di adorazione; gli antichi Greci (come in seguito i Romani) si limitavano ad apprezzare la sua bellezza e le sue qualità di cacciatore di topi. Per i Celti, al contrario, i gatti erano creature divine e magiche, dotate di un grande potere, ossia quello di essere in contatto con il mondo spirituale. Per i Norreni erano simboli di fertilità, di amore e di guerra a causa del loro stretto legame con la dea Freya, il cui carro veniva trainato proprio da due gatti, Bygul (“ape dorata”) e Trjegul (“ape striata”). Pur non riconoscendo ai gatti una natura divina, anche le popolazioni di religione islamica nutrono da sempre un profondo rispetto per questi animali; ci sono due leggende in particolare che illustrano questo rapporto di reciproca fedeltà tra l’uomo e il gatto, ed entrambe vedono protagonisti Maometto e la sua gatta Muezza: nella prima abbiamo l’animale che, affezionato al profeta e sempre al suo fianco, un giorno si addormenta su un lembo della sua veste, e Maometto che, pur di non disturbare il suo sonno, taglia l’abito in modo da potersi recare alla preghiera senza svegliarlo; nella seconda la gatta Muezza salva il profeta da un serpente sgusciato dalla sua manica, catturandolo e portandolo lontano senza ucciderlo, poiché la sua morte non rientra tra le volontà di Maometto. Pare insomma che le sventure dei nostri piccoli amici felini siano cominciate con l’avvento del Cristianesimo: la tortura e il massacro di tante creature innocenti è solo una delle tante colpe di cui si è macchiata la Chiesa Cattolica. Gatti e donne, vittime di una mentalità perversa che vedeva in loro i perfetti alleati di Satana. Difficile perdonare una tale inumana ferocia.

Col passare dei secoli fortunatamente, conclusa la lunghissima stagione della caccia alle streghe, il nostro amico gatto venne finalmente riabilitato, tuttavia si trattò di un processo lento e graduale. Anche nell’illuminato Settecento, benché non fosse più associato al maligno, il gatto era guardato ugualmente con diffidenza e disprezzo, per il suo presunto opportunismo e la sua golosità. Solo nell’Ottocento e nel Novecento si iniziò a porre l’attenzione sul suo fascino mistico senza demonizzarlo, e ad apprezzare la sua quieta e rassicurante presenza. Oltre a essere celebrato in poesie (‘Il gatto’ di C. Baudelaire, ‘Donne e gatti’ di P. Verlaine, ‘Il gatto’ di G. Apollinaire, ‘Beppo’ di J. L. Borges, ‘Il gatto e la luna’ di S. Corazzini, e tante altre), racconti e romanzi (‘Il gatto nero’ di E. A. Poe, ‘Considerazioni filosofiche del Gatto Murr’ di E. T. A. Hoffmann, ‘Il gatto con gli stivali’ dei fratelli Grimm, ecc.), opere musicali (‘Duetto buffo di due gatti’ di G. Berthold, ‘Cats’ di A. Lloyd Webber) e dipinti (‘Ragazza con gatto nero’ di G. Boldini, ‘Bambina con gatto’ di Julie Manet, ‘Gatto che cattura un uccello’ di P. Picasso), il nostro piccolo felino ha riguadagnato il suo status di creatura magica e di intermediario tra il mondo dei vivi e le anime dell’aldilà. Secondo le filosofie New Age fiorite negli ultimi cinquant’anni, i suoi campi energetici ruoterebbero in senso antiorario, al contrario cioè di quelli degli umani, e questo li renderebbe in grado di attirare le energie negative senza rimanerne danneggiati, purificando nel contempo l’ambiente che ci circonda. Oggi come oggi il gatto è presente come animale da compagnia nelle case del 34,4% degli italiani, e dalle statistiche risulta che sia più amato dalle donne che dagli uomini (che invece preferiscono il cane). Questo non deve sorprenderci: abbiamo infatti visto come il gatto sia l’emblema del femminile, della luna, della notte; possiede della donna l’eleganza, l’astuzia, l’intuito e l’ambivalenza. Amante delle comodità ma con un’indole selvaggia, pigro ma agile e inafferrabile, profondamente affezionato ai suoi compagni di vita umani ma libero e indipendente. Come può una donna non riconoscere in esso il suo animale totemico? Purtroppo non è tutto rose e fiori. Ancora oggi, come barbaro retaggio dei secoli più bui, sopravvivono credenze superstiziose per le quali il gatto è presagio o addirittura apportatore di sventura. Si dice che i gatti possano rubare il respiro ai bambini nella culla, che si accuccino accanto a chi sta per morire, che picchiare di notte un gatto con la mano destra (ma perché poi si dovrebbe picchiarlo?) provochi la paralisi dell’intero braccio. Chi di noi, inoltre, non ha mai sentito dire che un gatto nero che attraversa la strada porta sfortuna? Bisognerebbe ridere di chi diffonde queste teorie. E se qualcuno tra voi conosce una persona che quando è al volante teme di vedersi passare davanti un piccolo felino dal pelo scuro, scrollate le spalle e rispondete come l’attore comico Groucho Marx: ‘Un gatto nero che vi attraversa la strada significa che tale animale sta andando da qualche parte.’

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